Aiuto, l’ansia sta rovinando la nostra relazione!
Mi capita spesso di sentire persone letteralmente disperate perché la loro splendida storia d’amore, nata in un contesto positivo, colma di gioia, è naufragata a causa di un insidioso male: l’ansia del proprio fidanzato o fidanzata.
A causa dell’ansia, il partner, un tempo intraprendente, un po’ più solare, diventa cupo, triste, talvolta anche egoista a causa del suo soffrire. A un certo punto, infatti, l’ansia diventa così totalizzante che tutti i bisogni del compagno o della compagna, che prima venivano soddisfatti con attenzione e cura, passano in secondo piano, vengono del tutto ignorati.
L’altro è così assorbito dal proprio problema, dai dubbi, dalle paure che non riesce più a essere presente.
La sintonia si rompe.
Non c’è altro argomento se non l’ansia, una sorta di terzo incomodo che manda all’aria anni di sogni e di progetti, distruggendo completamente la relazione.
Convivere con l’ansia del partner: il caso di Emilia
Il problema è che di fronte all’ansia della persona che amiamo non sappiamo bene come comportarci: una parola o un gesto in più possono essere troppo, una in meno potrebbe essere troppo poco.
Il risultato?
Tanta frustrazione per chi cerca di stare vicino al partner ansioso. La situazione diventa sempre più difficile da gestire finché il rapporto non collassa del tutto, privo di quella linfa vitale che lo alimentava e lo aiutava a crescere sano e forte.
Potremmo paragonare la relazione appena sbocciata tra due persone a un bambino appena nato.
Perché cresca, ci vogliono affetto, attenzioni e premure quotidiane. Tutto questo finché il rapporto non è diventato abbastanza adulto e maturo perché non ci sia più bisogno di tutte quelle cure costanti. Ci vuole tempo, perché accada.
La relazione è qualcosa che si costruisce lentamente, con tanto impegno reciproco.
Non si può avere la pretesa che l’amore risolva tutto e trasformi magicamente questo bambino (la relazione stessa) in adulto da un giorno all’altro, come per magia.

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Mi viene in mente il caso di Emilia, una ragazza giovanissima, sui 25 anni, estremamente sensibile, arrivata nel mio studio di psicologo all’Eur con un forte problema d’ansia.
Dopo anni di psicoterapia, su suggerimento della sua terapeuta, aveva intrapreso anche un percorso farmacologico. I farmaci che assumeva avevano attenuato i sintomi del disturbo ma non avevano risolto il problema.
Ad aggravare la situazione c’era il fatto che Emilia, di recente, era stata lasciata dal suo fidanzato storico perché lui non ce la faceva più. Il problema di Emilia aveva avuto pesanti ricadute sulla loro relazione, mandandola letteralmente in pezzi.
Il disturbo d’ansia della ragazza era così forte che erano arrivati a trascorrere le proprie serate insieme in macchina, sotto casa di lei.
Emilia non ce la faceva proprio a uscire, nemmeno per andare a mangiare una semplice pizza.
Anche soltanto il pensiero di allontanarsi dal suo luogo sicuro la faceva agitare troppo. Aveva paura che potesse accadere qualcosa, che ci fossero degli imprevisti.
Così, il fidanzato, assecondando la sua ansia, aveva trovato questa strategia per rassicurarla.
Naturalmente, però, non riuscivano più a vivere la loro relazione con leggerezza e spensieratezza.
L’ansia li limitava in tutto, impedendo loro di svolgere le normali attività che solitamente si fanno in coppia. Non potevano pensare neppure di fare un viaggio o di andare in vacanza.
Tutto era diventato pesante e difficile, troppo da sopportare.
Naturalmente, il loro rapporto ne aveva risentito anche dal punto di vista della sessualità.
Il fidanzato di Emilia si sentiva terribilmente frustrato perché non sapeva bene come comportarsi. All’atto pratico, quello che lui faceva era dire sempre di sì, assecondando l’ansia della sua ragazza, cercando di consolarla e rassicurarla, di starle vicino.
Ma questo modo di agire, anziché aiutarla la faceva stare peggio.
Mi ricordo ancora le parole di Emilia, che durante una seduta mi disse che avrebbe preferito stare da sola piuttosto che avere il fidanzato accanto, continuamente preoccupato. Quella sua sollecitudine la faceva sentire in colpa e questo accresceva ancora di più la sua ansia.
La faceva sentire incapace di prendersi cura di sé stessa.
Convivere con l’ansia del partner: il caso di Bruno
Un’altra situazione molto complessa è quella di Bruno, un paziente che ho incontrato poco tempo dopo. L’ansia lo tormentava, portandolo a dubitare di qualsiasi cosa, persino di sé stesso e della propria identità.
Era arrivato al punto di non sapere più bene quale fosse il proprio orientamento sessuale: si sentiva attratto dalle donne oppure dagli uomini? Era eterosessuale o omosessuale?
Si pensa spesso che l’ansia abbia a che fare con la paura di viaggiare o la paura di guidare, di stare in luoghi sconosciuti o ancora con il timore di stare in mezzo alla gente.
In realtà, però, l’ansia è un’emozione sfaccettata, dotata di tantissime sfumature e si può declinare anche in questa forma di dubbio patologico, per il quale la persona non ha più certezze o punti fermi nella propria vita.
Tutto questo, naturalmente, aveva un forte impatto sulla relazione di Bruno.
La sua ragazza si sentiva frustrata perché non sapeva come stargli vicino, come agire per farlo stare meglio. Ogni suo comportamento sembrava aggravare il problema piuttosto che risolverlo.
E questo la faceva soffrire tantissimo, tanto da mettere in crisi la loro storia.

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Quando la assecondiamo, l’ansia cresce
Perché ogni volta che assecondiamo ogni volta l’ansia dell’altro, questo sembra peggiorare?
Questa è una delle domande che mi vengono solitamente rivolte dai miei pazienti che soffrono di ansia e dai loro partner quando entrano nel mio studio a Roma Eur.
A livello deduttivo, se io assecondo l’altro, questo dovrebbe stare meglio.
Ma non è affatto così.
Il perché di questo peggioramento lo troviamo all’interno di un bellissimo libro dello psicologo Paul Watzlawick, esponente della scuola di Palo Alto, intitolato “La pragmatica della comunicazione umana”.
Il quinto assioma afferma che “La comunicazione è simmetrica o complementare”.
Che significa?
Te lo spiego molto brevemente poiché questo non è un articolo in cui si fa teoria, ma si va subito sul pratico, per dare suggerimento utili e immediati a chi soffre di ansia e a coloro i quali vogliono aiutare il proprio partner ansioso.
Una comunicazione può essere simmetrica nel momento in cui è speculare.
Facciamo un esempio: la persona dice sto male, mi sento un totale incapace, non valgo nulla. Se volessimo rispecchiare quel tipo di comunicazione, ci limiteremmo a ripetere quella frase, dicendo: “Sì, è vero, in questo momento stai male…”
Al contrario, mettiamo in atto una comunicazione complementare quando nel momento in cui una persona si lamenta di qualcosa, noi la consoliamo, quasi come farebbe un genitore.
Però, nel momento in cui divento complementare al problema, io divento complice del problema.
Più la persona ansiosa sente che c’è qualcuno a cui appoggiarsi, che le sta vicino e cerca di risollevarla, tanto più cercherà aiuto, senza riuscire mai a fare affidamento sulle proprie sole forze.
QUESTIONE DI AUTOSTIMA
Spesso disturbi come l’ansia hanno a che fare con problemi di autostima.
Ai miei pazienti dico sempre che l’autostima è l’equivalente psicologico del nostro sistema immunitario. Avere una bassa autostima significa avere le difese basse e non riuscire a difendersi dai colpi che ci infligge la vita, non riuscire ad affrontare le prove e le sfide della quotidianità.
Come può questa autostima crescere, se c’è sempre qualcuno che cerca di risolverci i problemi?

Il mio partner soffre di ansia: cosa posso fare?
A questo punto ti starai chiedendo cosa puoi fare per aiutare il tuo fidanzato o la tua fidanzata che soffre di ansia.
Innanzitutto, raccogliere informazioni sul problema e cercare di comprenderlo più a fondo può essere una strada per trovare una soluzione.
Nel mio blog ho aperto una sezione dedicata proprio ai problemi di ansia, che puoi trovare cliccando sull’immagine qui sotto.
Sul mio canale Youtube, invece, potrai trovare una serie di video con consigli pratici su cosa fare e cosa non fare quando si soffre di ansia o di attacchi di panico.
Cosa non fare quando un partner soffre d’ansia
Innanzitutto, evita la complementarietà.
Il desiderio di prenderti cura della persona amata potrebbe spingerti a offrire sempre il tuo appoggio e il tuo sostegno. Di fronte a te vedi una persona che soffre molto, senti che è fragile, priva di forze, che ha bisogno di te…
Ma devi cercare di evitare di cadere in questa trappola, diventando complice del problema.
Se il tuo partner supera una piccola sfida, riuscendo a gestire da solo un attacco di ansia, magari cerca di fargli notare che ha fatto un passo avanti, fallo riflettere su quel piccolo successo e magari faglielo scrivere.
Scrivere, infatti, aiuta a fissare, a cristallizzare l’autostima, consolidandola.
Non pensare mai che l’altro non abbia le risorse necessarie ad affrontare il disagio che prova.
Tutto il contrario.
Tutti abbiamo dentro di noi quelle risorse. Purtroppo, però, non sempre riusciamo ad attivarle da soli.
Abbiamo bisogno di un aiuto qualificato.
Cosa fare quando il tuo partner soffre d’ansia
Per questo, soprattutto se l’ansia è così forte da risultare invalidante, compromettendo la possibilità di vivere in modo normale e di svolgere attività quotidiana, è importante convincere il partner a rivolgersi a uno psicologo che si occupa di ansia.
Il ruolo dell’aiutante non dovrebbe mai essere preso dal fidanzato o dalla fidanzata, perché se il partner diventa simmetrico, si genera soltanto tensione e non si riesce a risolvere il problema.
Quel ruolo deve essere preso da un professionista esperto, non si può far fare all’altro membro della coppia poiché il partner potrebbe sentirsi tradito.
Come comportarsi con il partner in caso di un attacco di panico
Nel caso in cui il tuo fidanzato o la tua fidanzata soffra di una forte ansia, è possibile (ma non scontato) che possa avere un attacco di panico o che ne abbia avuti in passato.
In queste situazioni, solitamente accadono due cose alla persona che assiste:
si agita a sua volta, preoccupandosi terribilmente per i sintomi lamentati dall’altro che si sente male (tachicardia, respiro affannato, nausea, capogiri improvvisi…)
se riesce a mantenere il sangue freddo, cerca di rassicurare il partner con frasi tipo “Non preoccuparti, passerà presto”
In entrambi i casi, si rischia di non far altro che far star peggio la persona che sta avendo un attacco di panico.
Qui sotto ti lascio un video con alcuni consigli su cosa non fare quando qualcuno ha un attacco di panico.
Penso possa esserti utile.
Immagine di copertina:
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