Spesso sento parlare con termini negativi e dispregiativi del narcisismo.
Effettivamente, se si fa riferimento al suo significato etimologico, il narcisismo non indica certo qualcosa di positivo poiché il narcisista è colui che è completamente concentrato sulla propria bellezza, così assorbito da sé stesso da non saper riconoscere la bellezza dell’altro.
Per l’esattezza, la definizione di narcisismo proposta dalla Treccani è:
Tendenza e atteggiamento psicologico di chi fa di sé stesso, della propria persona, delle proprie qualità fisiche e intellettuali, il centro esclusivo e preminente del proprio interesse e l’oggetto di una compiaciuta ammirazione, mentre resta più o meno indifferente agli altri, di cui ignora o disprezza il valore e le opere.
Viso da quest’ottica, il narcisismo sembra qualcosa di molto brutto, sinonimo di egoismo, presunzione, vanità.
Tuttavia, è un fatto noto in psicologia che una certa dose di narcisismo è auspicabile. Sto parlando del sano amor proprio che coincide con l’idea di autostima.
Maggiore è l’autostima di una persona e maggiori probabilità ci sono che una persona non presenterà alcuni disturbi.
La perdita dell’autostima
Per spiegarmi meglio, vorrei illustrarvi il caso di un mio paziente. Per tutelarne la privacy, lo chiamerò con un nome di fantasia: Alessio.
Alessio è un dirigente d’azienda di un certo successo, un uomo con un ruolo importante, attratto dalla bellezza, dall’estetica delle cose. Il suo arrivo nel mio studio di psicologo si lega a una condizione che vive nell’ultimo periodo: si sente molto infelice, dice di aver perso lo slancio che aveva una volta.
Non riesce più a essere propositivo e autoefficace. Probabilmente ci sono dei tratti depressivi in tutto questo.
Durante il colloquio, emerge che Alessio ha una storia complessa alle spalle: è nato in una famiglia benestante, con un tenore di vita elevato. Ma quand’era molto giovane, suo padre ha subito un crac finanziario e di fronte a quel dissesto economico, lui che era il più grande di casa ha dovuto rimboccarsi le maniche e darsi da fare.
Adesso che Alessio ha raggiunto un certo grado di benessere e appagamento, ha perso la motivazione che aveva un tempo, lo sprint che lo spingeva a fare. Ultimamente, ha dovuto affrontare anche una malattia importante. Vivere con quell’entusiasmo e quell’intraprendenza che aveva a 20 o 30 anni, adesso che ne ha 50 è più difficile.
Il problema di Alessio è, in sostanza, un problema di perdita di autostima, legato a un’incapacità di trovare nuovi stimoli rispetto a quello che gli succede.
La sua autostima è stata fortemente danneggiata da due fattori:
In primo luogo, ha scoperto di essere mortale, come tutti noi. Una consapevolezza che ha maturato soprattutto a causa della particolare condizione di salute che ha vissuto.
Inoltre, non trova più stimoli all’interno della coppia.
Questo secondo aspetto si lega a un’altra questione, spesso portata dai miei pazienti: cosa succede quando una coppia perde gli stimoli e si adagia nel grigiore della routine? Possiamo dire che questo accade spesso quando uno dei due partner è un narcisista sano, che fonda la propria autostima su quello che riuscito a costruire nella vita, compresa la coppia.
Nel momento in cui questa persona si trova di fronte un partner che smette di riconoscere il suo valore e i suoi meriti, non lo elogia più, non lo sostiene e non sembra vedere le cose incredibili che è riuscito a fare, potrebbe trovarsi in uno stato di assenza di autostima.
L’intervento che ho operato con Alessio si è incentrato proprio sul cercare di rinforzare il suo amor proprio, il senso di autoefficacia che sembra aver perso, partendo dal constatare che quel che ha fatto in passato ha funzionato e che potrebbe provare a ritentare quella strada. La tentata soluzione che sta mettendo in campo, infatti, è del tutto inefficace.
Per spiegarmi meglio, vorrei usare una metafora.
La vita è come quando prendi una curva con la macchina. Se lasci l’acceleratore, l’auto comincia a sbandare; se acceleri troppo, spingendo sul gas, rischi di andare a sbattere.
Così è la vita.
Alessio ha tolto il piede dall’acceleratore e ha cominciato a sbandare.
Per questo deve ritornare sui propri passi, deve essere riportato su quello che ha funzionato in passato attraverso manovre suggestive, una comunicazione efficace, varie tecniche psicologiche che applico durante le sedute con lui.
L’importanza del narcisismo sano
Se per narcisismo intendiamo l’autostima, che ben venga essere un po’ narcisisti. Chi si mette troppo in discussione, chi ha la tendenza a criticare troppo sé stesso, ha una maggior predisposizione alle patologie depressive.
Può sembrare controintuitivo e paradossale, ma è così.
Fin da quando siamo bambini, ci viene insegnato che per migliorare dobbiamo fare autocritica. E in un certo senso, è effettivamente così. Ma dosi eccessive di autocritica minano l’autostima alle fondamenta, ci impediscono di essere sicuri di noi stessi.
Se il mettersi in discussione pervade ogni aspetto della vita di un individuo, la sua autostima si abbassa al punto tale che compaiono disturbi seri, dalla tristezza alla distimia, arrivando alla depressione maggiore.
L’autostima alta, una buona fiducia in noi stessi, ci permette di affrontare prove difficili. Ed è proprio questo il tema centrale e fondamentale: la vita ci mette sempre di fronte a delle prove, ci mette sempre davanti a una curva e percorrerla con il piede staccato dall’acceleratore porta alle stesse conseguenze che subisce chi invece preme a tavoletta.
Bisogna trovare il giusto equilibrio.
Vedremo in uno dei prossimi articoli di questa serie dedicata al narcisismo sano e al narcisismo patologico, perché i partner dei narcisisti patologici spesso subiscono maltrattamenti e abusi eppure restano al loro posto.
Vorrei concludere con un piccolo suggerimento, uno spunto di riflessione in linea con quello che è lo spirito del mio lavoro su questo sito.
Quando viviamo un momento di difficoltà, in cui la nostra autostima è bassa, è importante fare mente locale e ripensare al passato, a quei momenti in cui abbiamo ottenuto successo e a che cosa abbiamo fatto per riuscire, cercando di ripeterlo.
Se questo non dovesse bastare, ci troviamo di fronte ad altri tipi di dinamiche, che vanno elaborate in un contesto e in un setting diversi.
Manuel Marco Mancini, psicologo Roma Eur