Quando do uno sguardo ai suggerimenti sponsorizzati da Facebook o altre piattaforme, sembra quasi che l’autostima sia molto semplice da raggiungere, magari con un corso di uno o due giorni o anche soltanto con una consulenza da un’ora.
Se questo fosse vero, avremmo intorno persone molto soddisfatte, che raramente soffrono di problemi di ansia. Questo perché l’autostima e il senso di autoefficacia hanno molto a che fare con la resilienza, la capacità di resistere agli urti della vita e apprendere dagli eventi avversi.
Ma dando uno sguardo alla realtà, è chiaro che non è affatto così.
È piuttosto raro incontrare persone che abbiano una solida autostima. Più che altro ci troviamo spesso a relazionarci con individui presuntuosi, che nascondono la propria mancanza di considerazione personale dietro una facciata di grandiosità.

Fiducia in sé: non basta un workshop di un’ora
Sono soprattutto certi coach americani a parlare di autostima, suggerendo che basti qualche esercizio, l’attivazione di alcuni pensieri positivi per cambiare completamente il proprio stato umorale e ritrovare la fiducia in sé stessi.
Quello che fanno questi formatori, però, è gasare i propri clienti, dargli uno slancio che può durare qualche giorno o qualche settimana, per poi esaurirsi. I metodi e le tecniche che mettono in pratica non vanno a toccare davvero le radici della loro autostima dell’individuo.
Quel che fanno viene spiegato bene nel volume L’autoefficacia, meraviglioso libro di Albert Bandura, psicologo famoso per i suoi lavori sull’apprendimento sociale e per essere uno dei massimi esperti di autostima.
Attraverso queste pagine scopriamo che, molto spesso, quella che viene messa in atto in queste situazioni è una persuasione verbale, che consente di alzare la motivazione alle stelle ma per un periodo piuttosto limitato nel tempo.
Tanto è vero che, spesso, chi va a questi raduni o workshop ne esce super gasato, motivato al massimo, pronto a spaccare il mondo. Entro qualche settimana, però, l’entusiasmo si sgonfia e la persona si ritrova nello stato in cui era in precedenza, se non peggio.
Autostima e dialogo interno
Perché accade?
Perché l’autostima ha a che fare con il nostro dialogo interno, cioè con quello che diciamo a noi stessi.
Bisogna comprendere che questo dialogo interno spesso e volentieri non ha alcun legame con il momento che stiamo vivendo, con la situazione in cui ci troviamo. Piuttosto viene profondamente influenzato da quel abbiamo vissuto nel passato, dalle esperienze e dalle persone significative della nostra vita.
A quanti è capitato di ritrovarsi a pensare a qualcosa. Poi ragionarci su e dire: “Questo è esattamente quello che diceva mio padre” “Questo me lo ripeteva sempre mia madre”?
Il nostro dialogo interiore è condizionato da quel che ci è stato detto nel corso della nostra vita dalle figure di riferimento (soprattutto i genitori). È storia cristallizzata da decenni e decenni. È impensabile che facendo alcune cose che vengono suggerite, le nostre convinzioni fossilizzate da tanto tempo possano essere sgretolate all’improvviso.
Badate bene. Come psicologo, sono un fautore dei percorsi brevi, che consentono alla persona di ritrovare il proprio benessere e l’equilibrio nel giro di qualche seduta. Ed è quello che metto in pratica con i miei pazienti.
Ma è importante dire le cose come stanno: l’autostima ha radici antiche.
Ritrovare l’autostima e il senso di autoefficacia: un esercizio utile
L’unico modo per combattere l’assenza di autostima, non è soltanto diventarne consapevole, magari con un percorso che dura decenni. Perché la conoscenza del problema non ha molto a che vedere con la risoluzione dello stesso.
Il cambiamento si realizza attraverso quel che facciamo nel presente, nel qui e nell’ora. Non attraverso la conoscenza di quel che è stato nel là e allora del tempo passato. Quello può essere uno spunto di riflessione utile.
Ecco perché è importante nei percorsi trovare il bandolo della matassa nel PRESENTE.
Vorrei dare, dunque, qualche spunto pratico per chi è interessato al tema dell’autostima e dell’empowerment, di cui mi occupo attivamente nel mio studio di psicologo a Roma Eur.
L’errore più comune che facciamo è questo: quando affrontiamo una sfida o un compito difficile, pur riuscendo a superare brillantemente la prova ed essendo convinti razionalmente di aver fatto un buon lavoro, ci sembra di non aver fatto abbastanza. Ci sentiamo insoddisfatti.
Questo dipende proprio dal fatto che il nostro dialogo interno è svalutativo.
Un’idea per uscire dal circolo vizioso è provare a scrivere questi pensieri invalidanti e cercare di rendersi conto se questi pensieri possono essere associati a noi stessi come persone, professionisti etc. oppure se si tratta di cose che ci dicevano, magari quando eravamo piccoli.
Bisogna operare una distinzione tra ciò che siamo e quello che viene detto di noi.
Questo è il punto di partenza, la base del lavoro successivo. È un po’ faticoso rispetto a gasarsi con la musica a tutto volume oppure ballare bendati in una stanza buia…
Ma, dopotutto, cosa sarebbe la vita senza l’impegno?
Si può cambiare? Sì.
Si può cambiare in tempi brevi? La risposta è ancora Sì, ma ci vuole totale impegno e dedizione. Dobbiamo essere in grado di non voltarci dall’altra parte. Dobbiamo cercare di guardare in faccia i mostri e affrontarli, altrimenti quei mostri continueranno a perseguitarci.
Manuel Marco Mancini, psicologo Roma Eur