Esistono tanti pregiudizi molto diffusi sulla figura dello psicologo.
C’è chi pensa che intraprendere un percorso del genere sia del tutto inutile, perché immaginano che la terapia si riduca a una semplice chiacchierata, simile a quella che si fa con un amico quando si sta attraversando un momento complicato.
Altri ritengono che ad andare dallo psicologo siano soltanto i matti.
Chi, ancora, paragona la psicologia a qualcosa di magico.
In realtà, un vero percorso psicologico deve avere delle caratteristiche precise, senza la quali è difficile, se non impossibile, che si ottengano dei risultati.

La tua terapia sta funzionando? Osserva i tuoi sintomi
La prima caratteristica di un percorso psicologico efficace è la finalità. Quando si va dallo psicologo, ci si pone un obiettivo da raggiungere. C’è uno scopo, che ci spinge a prendere questa strada, rivolgendoci a un professionista, per produrre un cambiamento nella nostra vita.
Se non c’è un obiettivo chiaro, allora quello che stiamo facendo non è un percorso.
Si tratta soltanto di uno sfogo e il nostro interlocutore potrebbe essere benissimo un caro amico o un parente, qualcuno che ci conosce.
Per capire se un percorso non sta funzionando, dunque, dobbiamo partire da noi stessi, dai sintomi.
Chi va dallo psicologo, infatti, lo fa perché vuole risolvere un problema. Spesso questo problema è accompagnato da vari sintomi che possono essere l’ansia, gli attacchi di panico, le fobie, le ossessioni, i disturbi alimentari.
Tutti questi sintomi sono segnali del disagio che si prova, di una difficoltà che non si riesce a superare, che può essere più o meno grave.
Quindi la prima domanda che devi porti quando cerchi di valutare l’efficacia del percorso psicologico che stai seguendo è:
nel corso delle sedute, i tuoi sintomi sono peggiorati, sono migliorati o sono rimasti uguali?
Naturalmente, se i sintomi si fanno progressivamente meno intensi e provi finalmente sollievo, significa che il percorso sta funzionando.
Negli altri due casi cioè se i sintomi peggiorano oppure restano immutati, uguali a com’erano prima di cominciare, è bene innanzitutto che tu ne parli con il professionista a cui ti sei rivolto.
Allo stesso tempo, è importante comprendere che a volte in terapia esistono dei momenti in cui effettivamente i sintomi possono peggiorare o rimanere identici.
Ma questo dovrebbe accadere per un lasso di tempo limitato perché alla fine lo scopo di un percorso psicologico è quello di arrivare a un risultato, come abbiamo detto all’inizio.
Ci sta che per un periodo i sintomi possano peggiorare.
Pensiamo, per esempio, a una persona che arrivi in terapia per elaborare un lutto dopo la perdita di una persona cara. È chiaro che parlare di quell’evento doloroso, ricordando quanto accaduto, rievocando i momenti trascorsi con chi non c’è più, all’inizio non la farà stare bene.
Ma, seduta dopo seduta, questo percorso dovrebbe riuscire a portarla a un punto in cui riesce a rinascere da quel dolore.
Stessa cosa per quel che riguarda i problemi di ansia.
Un buon percorso terapeutico dovrebbe condurre alla remissione dei sintomi ansiosi, come i pensieri intrusivi, cioè tutti quei pensieri che si affacciano alla mente più e più contro la nostra volontà e che cerchiamo in ogni modo di cacciare via, senza riuscirci del tutto e che tornano più forti di prima.
Il sintomo all’interno di un percorso si deve ridurre o deve sparire.
Se invece rimane stabile oppure peggiora, bisogna interrogarsi sull’andamento del percorso, su quel che è stato fatto e si sta facendo.
È importante, come detto prima, avere un confronto onesto con il terapeuta da cui si sta andando perché la psicologia ha tanti indirizzi, ognuno con degli approcci ben specifici.

La tua terapia sta funzionando? Un segnale è la durata
Un altro segno da prendere in considerazione per capire se la terapia sta funzionando è la durata del percorso.
Attenzione, però.
Non è detto che una terapia che dura anni non sia efficace. Non sto assolutamente dicendo che se va tanto avanti nel tempo, allora non sta funzionando.
La domanda che dobbiamo porci è un’altra: nonostante il lungo percorso, il sintomo dura ancora?
Se la terapia va avanti da tanto tempo e non vedi alcun tipo di miglioramento, allora è lecito chiedersi se sta andando nel modo giusto.
E poi devi domandarti se durante il percorso vi siete concentrati sul problema oppure se avete affrontato soltanto la storia del problema, andando a scavare nel passato.
In altre parole, il percorso si focalizza su da dove ha origine il problema oppure su come funziona il problema?
Si tratta di due approcci completamente diversi.
Se il percorso dura molto, si focalizza per troppo tempo sulla stessa tematica e i sintomi non si riducono, è lecito che il paziente si confronti con il terapeuta, chiedendo conto del percorso.
Personalmente, prendo come metro di misura di un buon percorso psicologico con me le prime dieci sedute.
Non lo faccio per promettere risultati miracolosi, ma a tutela del paziente che si rivolge a me in quanto professionista della salute mentale.
Infatti, nel mio approccio, se entro dieci sedute non vedo un miglioramento dei sintomi, sono io stesso a consigliare al paziente di fare altri percorsi.
Se non posso essergli di vero aiuto, allora preferisco non trattenerlo inutilmente, facendogli perdere tempo e soldi.
È una questione di rispetto.
IL MIO METODO
Il mio approccio prevede la risoluzione del problema nel minor tempo possibile.
Se entro dieci sedute non assistiamo a uno sblocco, il percorso si interrompe.
Questo è il patto che sancisco con me stesso e con te. Il mio obiettivo è aiutarti a recuperare il tuo equilibrio. Darti gli strumenti per riuscire di nuovo a stare bene con te stesso.
Se non ci riesco, non voglio legarti.
La tua terapia sta funzionando? Non significa che devi convivere con il problema
Un altro importante segnale è il convivere con il problema. Questo è un tema molto delicato.
Spesso sentiamo in giro persone che promettono grandi risultati in tempi brevissimi. Ma questo tipo di promesse sono impossibili da mantenere per tutti i casi.
Esistono, infatti, delle problematiche che oggettivamente non possono essere risolte in poco tempo.
Tuttavia, si può vedere se un percorso che si focalizza sul problema dà risultati oppure no. In questo secondo caso, è possibile che il paziente abbia bisogno di essere sostenuto e aiutato in maniera diversa, con un intervento multidisciplinare magari, che coinvolga anche altre figure come quella dello psichiatra.
In casi come questi, molto complicati, si immagina che andare dallo psicologo significhi imparare a convivere con il problema.
Ma non è sempre così, dipende.
Da alcuni problemi si può uscire.
Dalla paura di guidare la macchina, dall’autostima bassa, dall’ansia invalidante, dagli attacchi di panico, dai disturbi fobici, dai pensieri intrusivi, dalle dipendenze affettive, dai disturbi alimentari si può uscire.
Si può guarire, si può superare il disagio.
E non necessariamente la soluzione deve essere convivere con il problema.
Sono d’accordo con alcuni colleghi che mettono in guardia contro alcune tipologie di psicologi come quella del confessore o dell’amico a pagamento…
Lo psicologo dovrebbe occuparsi del problema e proporre delle soluzioni, delle strategie tarate sulle esigenze e le risorse del paziente che si trova davanti, concepite su misura per il suo caso.
Altrimenti le sedute diventano degli incontri che non hanno alcuna finalità.

Terapia che funziona: online o dal vivo, purché sia efficace
A seguito della pandemia da Covid-19 e dell’emergenza sanitaria e sociale che ne è seguita, la figura dello psicologo è stata sdoganata, soprattutto sul web.
Di conseguenza, oggi c’è maggior facilità a chiedere sostegno, rivolgendosi a grandi portali che propongono terapie online.
Dal mio punto di vista, la terapia online deve essere incoraggiata poiché è una modalità di intervento efficace, che porta risultati tanto quanto la terapia tradizionale.
Io stesso propongo percorsi di terapia a distanza.
Bisogna però sempre tenere presente che la domanda in questo caso non è se la psicologia funziona online, di persona etc.
Questo non è importante: la risposta dipende da come sei fatto tu paziente e da come è fatto il terapeuta.
Quello che bisogna tenere a mente sono le cose di cui abbiamo appena parlato:
i sintomi stanno migliorando, sono rimasti uguali o stanno peggiorando?
Da quanto dura il percorso di terapia? Ci sono miglioramenti oppure no?
Stai convivendo con il problema? È questa la soluzione che ti è stata proposta?
Confrontati con il tuo psicologo.
La terapia sta funzionando? Attenzione alla dipendenza dallo psicologo
Un ultimo tema che inserisco qui come “Bonus” riguarda una questione scottante: quella della dipendenza dallo psicologo.
Un vero psicologo propone indipendenza.
Egli cerca di rendere autonomo il paziente, non di legarlo a sé e di renderlo dipendente proprio perché non ricopre né il ruolo di confessore né quello di amico a pagamento.
Un vero psicologo rappresenta una figura che si propone di aiutarti rispetto al tuo problema. Aiutarti significa sostenerti nella costruzione della tua autostima, pilastro fondamentale della salute mentale.
Creare dipendenza invece significa lasciarti a un livello di autostima molto basso, impedendoti di acquisire la forza necessaria a prenderti cura di te stesso e di prenderti la responsabilità dei tuoi problemi.